Io lavoro, tu “smanetti”…sul Web (Parte I)
web: lavoro e smanetto

Perché rivolgersi a dei professionisti per costruire il tuo sito

Professionalità e Web: un binomio che sembra andare per la maggiore.

Basta effettuare una ricerca online per trovare nutriti elenchi di nuove figure professionali legate al mondo del Web 2.0: Community Manager, Reputation Manager, E-commerce Specialist, Search Engine Expert e così via.

Molti CEO e proprietari di PMI dimostrano ancora diffidenza nei confronti non solo dei professionisti, ma del Web stesso e della sua natura

Ma siamo pronti a pensare a questo gigantesco ipertesto mondiale (apparentemente impalpabile, sempre più facilmente interattivo e intuitivo) come a un reale piano di lavoro, in cui gli strumenti si chiamano applicazioni e i prodotti finiti sito, wiki, social network, blog, newsletter?

Siamo disposti ad ammettere che tutti possono navigare, postare, taggare, inviare e-mail, acquistare, ma che esistono solo alcuni veri artigiani del web, dotati delle conoscenze necessarie (oltre che di una buona dose di creatività e precisione) per costruire un sito, riempirlo di contenuti di valore, renderlo dinamico e farne la base di una solida campagna di social marketing?

Stando alle certificazioni professionali dell’IWA (International Webmasters Association), esisterebbero dei parametri per definire con esattezza i diversi profili che operano in questo ambito.

Ruoli, competenze e addirittura inclinazioni del singolo contribuirebbero a creare uno User Experience Designer piuttosto che un Web Content Specialist.

C’è però un rovescio della medaglia: molti CEO e proprietari di PMI dimostrano ancora diffidenza nei confronti non solo di questi professionisti, ma del Web stesso e della sua natura.

Nascono così improbabili paradossi: l’azienda vuole espandersi sul mercato e ha bisogno di maggiore visibilità; pertanto decide (talvolta dall’oggi al domani) di sbarcare sui social network e di costruirsi un sito o di rinnovarlo (spesso non per convinzione, ma perché non vuole sfigurare di fronte ai propri competitors); non è però disposta a investire in una vera campagna di comunicazione o nel restyling del proprio brand, lanciandosi così in pratiche fai-da-te senza alcuna strategia o coordinamento e destinate a disperdere energie e risorse.

Ambire alla qualità significa credere che questa esista e che esistano anche, in questo caso, un sito Web e una comunicazione online di qualità

Di sicuro uscire da questi circoli viziosi non è immediato.

 

Per ottenere qualità bisogna normalmente ambire alla qualità, e ambire alla qualità significa credere che questa esista e che ne esista anche l’oggetto di riferimento (in questo caso, che esista un sito e una comunicazione online di qualità).

Del resto se esiste un buon sito Web ne esiste anche uno scadente; pertanto non tutti i siti sono uguali o richiedono le stesse competenze o la stessa difficoltà di organizzazione e realizzazione.

Tutto ciò pare ovvio, ma chi può dire dove stia l’ovvietà in un mondo fluido, la cui fortuna risiede nel desiderio di ciascuno di sentirsi protagonista e nell’abbattimento di tanti limiti spazio-temporali?

Pretestuose promesse di creare il proprio sito Web in un clic, tutorial e articoli più o meno approfonditi nei forum, temi predefiniti di CMS in apparenza sempre meno complicati alimentano l’illusione che ciò che è di tutti sia per (o alla portata di) tutti.

Dall’altra parte il professionista viene continuamente screditato sia dai datori di lavoro e dagli addetti alla ricerca di personale che pubblicano annunci per smanettoni e appassionati vari (verrebbe da dire web-amatori), sia da coloro che, intendendo lavorare nel settore e pur di lavorare, propongono per le loro prestazioni cifre più che irrisorie.

Ben vengano quindi l’auto-apprendimento e l’esplorazione di nuovi ambiti professionali.

Ma non si cada nella tentazione di ritenere la comunicazione e la cura della propria immagine online un gioco da ragazzi o, ancor peggio, una futilità resa obbligatoria dai tempi.

Proprio perché il Web è di tutti, per distinguersi (e anche per non auto-distruggersi) occorrono reali capacità, oltre all’onestà intellettuale di saper valutare e rispettare il lavoro proprio e altrui.


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